- Tempo di lettura: 6'
1. Afferma la tua autorità!
Oggi è il 24 gennaio 2024. Alle 8.50 apro il mio feed di LinkedIn.
Salto a piè pari i post di tutti quelli che stanno salendo sul carro di Jannik Sinner, che proprio ieri ha vinto gli Australian Open. Slalomeggio tra il racconto di un’esperienza breathtaking, la condivisione di un moto di orgoglio generato dall’essere parte di qualcosa e la promessa di diventare fluente in inglese in poche settimane.
Schivo due job posting fasulli, un “buon giorno network!” e le foto di un “evento incredibile” dedicato alla celebrazione del cinema dei fratelli Vanzina e della Cortina degli anni ’80. Rifletto sui -40 gradi Celsius che probabilmente ha dovuto sopportare chi ci fa sapere che “Il freddo terribile di questa mattina non ci ha fermato”. Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che c’è chi tiene a me al punto da mettermi in guardia sul fatto che “un cattivo leader può distruggere un ottimo team”.
Mi accingo a leggere la risposta, spero definitiva, alla domanda: come affrontare un colloquio di lavoro, ma vengo attratto dal post successivo. Lo copio e riporto qui.
È molto difficile, almeno per me, capire come concretizzare i suggerimenti dell’autore del post in un mercato in cui il lavoro subordinato è regolamentato dal Codice civile e dai Contratti collettivi (a settembre 2022, secondo ISTAT, 6 milioni di lavoratori italiani sono coperti da un contratto collettivo, circa il 50% del totale dei lavoratori dipendenti). Ed è altrettanto difficile capire come mettere insieme due proposte che vanno nella direzione opposta: misura la produttività in termini di risultati e non di ore, da una parte, e premiare chi è più efficiente, dall’altra.
Come posso calcolare l’efficienza se non considero il rapporto tra le risorse investite e i risultati? Nella scala di misurazione dell’efficienza e della produttività, qual è la soglia che permette di distinguere “gli efficienti” e “i produttivi”? Come misuro i risultati? Chi stabilisce quando un risultato è raggiunto? Come distinguo il contributo di Luca da quello di tutti gli altri colleghi che concorrono alla creazione del risultato? Quando al termine delle 4 ore Luca esercita la propria libertà “di andarsene, di rilassarsi, di fare sport, di stare con i propri affetti” deve prendere un permesso retribuito, un permesso non retribuito o ferie? O viene pagato dal datore di lavoro anche mentre gioca a Padel o passeggia con il figlio? E poi, cosa succede quando per raggiungere il risultato Luca è costretto a lavorare non 4, non 8, ma 20 ore?
Se sono un datore di lavoro, come posso “dare un bonus ai più bravi” e “pagarli di più”, ottemperando agli obblighi del Codice civile e del contratto collettivo? Come coinvolgo gli stakeholder in una discussione su questo tema, per portare l’azienda a prendere una decisione condivisa?
Ma soprattutto, perché mai l’autore del post usa l’espressione: “afferma la tua autorità!”? Eppure, i contenuti del post hanno generato milioni di interazione e l’autore è considerato una “top voice”.
2. Einstein relativo
Proseguo lo scrolling del feed e mi imbatto sul classico meme che riporta una citazione illustre.
Chi l’ha creato o postato probabilmente ignora che la posizione di Einstein sul tema della forza trasformatrice della “volontà” è tutt’altro che questa. Nel corso di un’intervista rilasciata a George Sylvester Viereck e pubblicata sul Saturday Evening Post il 29 ottobre del 1929, proprio il presunto autore della citazione contenuta nel meme, dichiara:
“I am a determinist. As such, I do not believe in free will. The Jews believe in free will. They believe that man shapes his own life. I reject that doctrine philosophically. In that respect, I am not a Jew.”
Un anno dopo, nell’articolo intitolato “What I Believe”, pubblicato nel numero 84 di Forum and Century, scriverà:
“I do not believe we can have any freedom at all in the philosophical sense, for we act not only under external compulsion but also by inner necessity. Schopenhauer’s saying – “A man can surely do what he wills to do, but he cannot determine what he wills” – impressed itself upon me in youth and has always consoled me when I have witnessed or suffered life’s hardships. This conviction is a perpetual breeder of tolerance, for it does not allow us to take ourselves or others too seriously; it makes rather for a sense of humor.”
Ciò nonostante, il meme ha 1.347 condivisioni e 182 commenti, e tutti ci sentiamo confortati dall’idea di osservare il mondo sulle spalle di giganti di cui sappiamo poco.
2. Una conclusione da cui partire
Questa storia vera mi insegna due cose. La prima è che non mi prendo sufficiente cura del mio feed di LinkedIn. La seconda è che il lavoro del consulente non è tanto diverso da quello del panettiere, dell’ingegnere meccanico, del tennista o del business coach.
Nell’articolo dedicato agli asset del lavoro del consulente spiegherò perchè la penso così. Per ora voglio solo aggiungere che ciò che leggerai nei prossimi articoli è il frutto di alcuni anni di studio e di esperienza pratica nella gestione delle risorse umane in piccole, medie e grandi aziende. Eppure, è semplicemente il mio punto di vista, nulla di più.
Spero ti sia utile.
Come dice Peppermint Patty di Peanuts, la vita è piena di scelte difficili, ma poi ci sono anche quelle facili.
- Tempo di lettura: 6'
1. Afferma la tua autorità!
Oggi è il 24 gennaio 2024. Alle 8.50 apro il mio feed di LinkedIn.
Salto a piè pari i post di tutti quelli che stanno salendo sul carro di Jannik Sinner, che proprio ieri ha vinto gli Australian Open. Slalomeggio tra il racconto di un’esperienza breathtaking, la condivisione di un moto di orgoglio generato dall’essere parte di qualcosa e la promessa di diventare fluente in inglese in poche settimane.
Schivo due job posting fasulli, un “buon giorno network!” e le foto di un “evento incredibile” dedicato alla celebrazione del cinema dei fratelli Vanzina e della Cortina degli anni ’80. Rifletto sui -40 gradi Celsius che probabilmente ha dovuto sopportare chi ci fa sapere che “Il freddo terribile di questa mattina non ci ha fermato”. Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che c’è chi tiene a me al punto da mettermi in guardia sul fatto che “un cattivo leader può distruggere un ottimo team”.
Mi accingo a leggere la risposta, spero definitiva, alla domanda: come affrontare un colloquio di lavoro, ma vengo attratto dal post successivo. Lo copio e riporto qui.
È molto difficile, almeno per me, capire come concretizzare i suggerimenti dell’autore del post in un mercato in cui il lavoro subordinato è regolamentato dal Codice civile e dai Contratti collettivi (a settembre 2022, secondo ISTAT, 6 milioni di lavoratori italiani sono coperti da un contratto collettivo, circa il 50% del totale dei lavoratori dipendenti). Ed è altrettanto difficile capire come mettere insieme due proposte che vanno nella direzione opposta: misura la produttività in termini di risultati e non di ore, da una parte, e premiare chi è più efficiente, dall’altra.
Come posso calcolare l’efficienza se non considero il rapporto tra le risorse investite e i risultati? Nella scala di misurazione dell’efficienza e della produttività, qual è la soglia che permette di distinguere “gli efficienti” e “i produttivi”? Come misuro i risultati? Chi stabilisce quando un risultato è raggiunto? Come distinguo il contributo di Luca da quello di tutti gli altri colleghi che concorrono alla creazione del risultato? Quando al termine delle 4 ore Luca esercita la propria libertà “di andarsene, di rilassarsi, di fare sport, di stare con i propri affetti” deve prendere un permesso retribuito, un permesso non retribuito o ferie? O viene pagato dal datore di lavoro anche mentre gioca a Padel o passeggia con il figlio? E poi, cosa succede quando per raggiungere il risultato Luca è costretto a lavorare non 4, non 8, ma 20 ore?
Se sono un datore di lavoro, come posso “dare un bonus ai più bravi” e “pagarli di più”, ottemperando agli obblighi del Codice civile e del contratto collettivo? Come coinvolgo gli stakeholder in una discussione su questo tema, per portare l’azienda a prendere una decisione condivisa?
Ma soprattutto, perché mai l’autore del post usa l’espressione: “afferma la tua autorità!”? Eppure, i contenuti del post hanno generato milioni di interazione e l’autore è considerato una “top voice”.
2. Einstein relativo
Proseguo lo scrolling del feed e mi imbatto sul classico meme che riporta una citazione illustre.
Chi l’ha creato o postato probabilmente ignora che la posizione di Einstein sul tema della forza trasformatrice della “volontà” è tutt’altro che questa. Nel corso di un’intervista rilasciata a George Sylvester Viereck e pubblicata sul Saturday Evening Post il 29 ottobre del 1929, proprio il presunto autore della citazione contenuta nel meme, dichiara:
“I am a determinist. As such, I do not believe in free will. The Jews believe in free will. They believe that man shapes his own life. I reject that doctrine philosophically. In that respect, I am not a Jew.”
Un anno dopo, nell’articolo intitolato “What I Believe”, pubblicato nel numero 84 di Forum and Century, scriverà:
“I do not believe we can have any freedom at all in the philosophical sense, for we act not only under external compulsion but also by inner necessity. Schopenhauer’s saying – “A man can surely do what he wills to do, but he cannot determine what he wills” – impressed itself upon me in youth and has always consoled me when I have witnessed or suffered life’s hardships. This conviction is a perpetual breeder of tolerance, for it does not allow us to take ourselves or others too seriously; it makes rather for a sense of humor.”
Ciò nonostante, il meme ha 1.347 condivisioni e 182 commenti, e tutti ci sentiamo confortati dall’idea di osservare il mondo sulle spalle di giganti di cui sappiamo poco.
2. Una conclusione da cui partire
Questa storia vera mi insegna due cose. La prima è che non mi prendo sufficiente cura del mio feed di LinkedIn. La seconda è che il lavoro del consulente non è tanto diverso da quello del panettiere, dell’ingegnere meccanico, del tennista o del business coach.
Nell’articolo dedicato agli asset del lavoro del consulente spiegherò perchè la penso così. Per ora voglio solo aggiungere che ciò che leggerai nei prossimi articoli è il frutto di alcuni anni di studio e di esperienza pratica nella gestione delle risorse umane in piccole, medie e grandi aziende. Eppure, è semplicemente il mio punto di vista, nulla di più.
Spero ti sia utile.
Come dice Peppermint Patty di Peanuts, la vita è piena di scelte difficili, ma poi ci sono anche quelle facili.